La casa è un luogo in cui ricordare

In via Venini abitava fino a qualche mese fa una cara amica, Maria Paola. A maggio mi trovavo per caso a Caiazzo, la piazza da cui ha origine via Venini, e ho deciso di allungare di qualche centinaio di metri il mio percorso per passare davanti al numero 5 e fermarmi a

ricordare i tanti pomeriggi trascorsi con lei a discutere di libri, scrittori, editoria e cazzate. Maria Paola è scomparsa a ottobre dello scorso anno; dopo la sua morte non mi era più capitato di passare di lì, da via Venini, nonostante molti amici vivano in zona. Trascorrere pochi minuti davanti al portone di casa sua mi ha fatto pensare a come alcune morti entrino nella nostra vita prepotentemente, altre invece ci sfiorino soltanto; una leggera scalfittura, come il graffio di un’unghia su di una superficie laccata. Mi ha fatto pensare a come la percezione della morte non sia né univoca né costante, non solo per il naturale scorrere del tempo che lenisce alcune ferite, ma anche per la disponibilità di risorse empatiche che abbiamo in un dato momento della nostra vita. Un’altra variabile – forse non la più importante ma di certo significativa – è la distanza. Ho lasciato la Sicilia 12 anni fa e in 12 anni cambiano molte cose: i negozi di una piazza, i sensi di marcia, il colore dei nostri capelli, a volte le priorità che ci diamo nella vita, ma soprattutto in 12 anni muoiono delle persone, parenti, amici e semplici conoscenti. Se penso a chi mi ha lasciato in questo lasso di tempo, fatico a realizzare  che mio nonno è morto, che degli zii che amavo sono morti, che delle persone con cui ho incrociato anche solo marginalmente la mia esistenza siano morte, ma allo stesso tempo solo a tratti ne sento realmente la mancanza. Il vivere lontano da loro, il sentirli al telefono saltuariamente, l’averli incontrati pochi giorni all’anno per così tanto tempo, mi protegge dal dolore. Per me loro sono ancora a Catania, intenti a fumare una sigaretta, a giocare a carte o bere un bicchiere di vino. È solo quando torno a casa che mi prende un groppo alla gola, è solo quando mi affaccio al balcone della mia vecchia stanzetta che mi rendo conto che zio Uccio non è lì con una Merit tra le dita; è quando mi tuffo nel mare di Santa Maria La Scala che avrei voglia di piangere perché mio nonno non è più come me. Ecco, quello che voglio dire è che la nostra casa è anche i nostri morti, che avere un luogo dove ricordare qualcuno è avere una casa, quello che voglio dire è che – in qualche modo – Maria Paola mi ha fatto un ultimo regalo, mi ha detto che, dopo tanti anni, anche Milano è casa mia.

La casa è un luogo in cui ricordare

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