Ogni giorno che passa avverto la sensazione di diventare un po’ più stupido. Le mie riflessioni sono meno acute e argomentate, il mio vocabolario si impoverisce. Non so se è solo un’impressione o se è realmente così, ma la sostanza non cambia e fa male.
Le ragioni possono essere molteplici, le principali – forse – sono queste tre:
– Il lavoro, qualsiasi lavoro credo, ha alla lunga una notevole percentuale di routine. Si possono sempre imparare cose nuove, adottare strategie diverse, ma alla lunga ci troviamo – nel migliore dei casi – a confrontarci quasi sempre con delle variazioni di problemi già affrontati.
– Troppi stimoli rendono difficile la concentrazione, troppe informazioni vogliono dire nessuna informazione. Selezionare è un’attività essenziale ma impegnativa, richiede tempo e non sempre è facile decidere a cosa dare la precedenza.
– Relazionarsi (a causa delle circostanze) per troppo tempo con persone che non attirano il nostro interesse o curiosità, così come relazionarsi (magari per scelta) per troppo tempo con persone sì intelligenti, sì interessanti, ma troppo simili a noi per gusto, indole e formazione è deleterio. Nel primo caso la nostra mente non riceve stimoli utili e va in stand by, nel secondo si consolida e crogiola (se non addirittura fossilizza) nelle sue certezze.
Ma come posso contrastare questo apparente istupidimento? In questa fase della mia vita il punto su cui posso lavorare più facilmente è il secondo: riduzione e selezione degli stimoli. E poi? Il primo rimedio che mi viene in mente è la lettura, ma leggere non basta. Leggere di più neppure. Leggere meglio, forse. Leggere meglio vuol dire non solo selezionare le letture di libri, riviste on e offline, post, blog etc ma dedicare alla lettura una mente fresca, riposata e attenta. Riflettere e trasformare, in taluni casi, la riflessione in scrittura, pubblica o privata che sia. Non sempre, anzi raramente, tutto ciò è possibile.
Probabilmente la persona che più può aiutarmi a combattere questa regressione è una bimbetta di neppure quattro mesi, mia figlia. Mia figlia, come tutti i neonati, non sa nulla se non ciò che il suo istinto le dice di fare, ma impara rapidamente dall’esperienza e da tutto ciò che le sta intorno. Osservare mia figlia, giocare con lei, prendermi cura di lei è uno stimolo continuo e costante, uno stimolo totalizzante che mi permette di spegnere il brusìo di fondo di tutte le informazioni che mi/ci circondano. Mia figlia muta costantemente e mi meraviglia giorno dopo giorno, è uno studio antropologico che non conosce sosta e si sviluppa nelle più disparate condizioni fisico-ambientali.