Possiamo raccontare la Resistenza?

Questo post non è altro che l’insieme degli appunti presi per la presentazione al Leoncavallo di I racconti di Azina: bicicletta e partigiana di Salvatore La Porta, in occasione della quale ho svolto il ruolo di relatore. Mi si perdoni lo stile colloquiale e la frammentarietà.

Possiamo raccontare la Resistenza?
La Resistenza rappresenta, nella storia d’Italia, qualcosa di molto complesso e ne cui confronti difficilmente si esercita un’analisi scevra da condizionamenti terzi. Scrivo così perché la Resistenza che dovrebbe essere patrimonio comune, ma nella realtà non lo è. Mi spiego, non c’è dubbio che nelle tante sfaccettature della sinistra italiana, la Resistenza rappresenta uno dei pochi elementi – almeno formalmente – condivisi. Se dalla sinistra, qualunque sinistra, ci spostiamo un po’ più al centro… ecco forse la Resistenza non è più questa pietra angolare alla base della nazione. Naturalmente è inutile spostarsi ancora più in là perché mi sembra ovvio che a destra, o anche solo nelle sue vicinanze, la Resistenza è considerata una “cosa da comunisti”. È questo è davvero stupido se pensiamo alle Brigate Fiamme Verdi di chiara matrice Cattolica o alle Brigate Giustizia e Libertà, quindi al Partito d’Azione – tra le cui file c’era Ferruccio Parri, futuro Presidente del Consiglio e fondatore della FIAP – Federazione Italiana Associazioni Partigiane.
Forse in un’altra nazione la Resistenza sarebbe stato un patrimonio condiviso, forse in un’altra nazione la Resistenza sarebbe diventata il mito fondante – e soprattutto condiviso – della nazione stessa.
E infine aggiungo, un siciliano può narrare la Resistenza? O meglio, perché un siciliano vuol raccontare la Resistenza? In Sicilia – per motivi storici – la Resistenza non c’è stata, non è mai esistita. Questo non vuol dire che non ci siano stati partigiani siciliani, anzi nel prepararmi per la presentazione mi sono imbattuto in uno studio molto interessante su siciliani e Resistenza . Quello che voglio dire e che io, da siciliano, se dovessi pensare a un momento in cui i siciliani hanno ragionato come popolo, a un momento davvero topico per partecipazione, io penserei ai Fasci siciliani (1891 – 1894) oppure a qualcosa di completamente differente ma altrettanto significativo, ossia la Strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947).

Il secondo punto che voglio affrontare è legato più strettamente al libro di Salvo. Questa raccolta di racconti è un po’ un Giano bifronte perché contiene un primo blocco dove protagonista o comunque voce narrante è Azina, la bicicletta del titolo, e un secondo blocco dove a essere raccontato è lo sgombero del centro sociale Experia. Poi, quasi in appendice c’è un terzo racconto che non parla di Resistenza, parla di resa.
Leggendo, anzi rileggendo i racconti di Azina, i modelli che saltano agli occhi sono – a mio dire – due: Beppe Fenoglio – imprescindibile per cui vuol scrivere o parlare di Resistenza – e Italo Calvino, o meglio il Calvino di Il sentiero dei nidi di ragno. Romanzo quest’ultimo che – al pari di quelli di Fenoglio – e al meno noto Il cavallo rosso di Eugenio Corti, rappresenta forse la migliore narrazione della Resistenza.
C’è un racconto in particolare che “odora” di Fenoglio ed il racconto è intitolato semplicemente: 8 settembre 1943. Una data, direi, significativa. Ecco questo racconto mi ha fatto pensare, da subito, a Primavera di bellezza, il romanzo in cui Johnny – l’alter ego di Fenoglio – fa la sua scelta, sceglie di essere partigiano.

Il debito con Calvino forse non è diretto. Non so se Salvo lo ha avuto ben chiaro come modello ma la decisione di narrare attraverso gli occhi – o meglio i fanali – di una bicicletta, è una prospettiva spiazzante che per certi versi mi ricorda quella del Calvino dei nidi di ragno che racconta la vicenda, più che altro una vicenda, dei partigiani con gli di Pin, un ragazzino di 10 anni. A maggior contatto con Calvino, uno dei tuoi racconti si intitola Mocciosi.
Ammetto, e qua concludo, che trovo interessante elevare uno dei simboli massimi della Resistenza a voce narrante della stessa. Tra l’altro, nota di costume, Azina non è altro che la bicicletta di Salvo!

Ultima considerazione sui racconti legati allo sgombero dell’Experia: oltre al sopraccitato Calvino, qua ritorna – trasfersalmente – Fenoglio. Tanto è “anglofilo” Fenoglio – e Johnny – al punto da infarcire di inglese Il partigiano Johnny e addirittura scrivere in inglese la prima stesura di Primavera di bellezza, quanto Salvo è innamorato della letteratura francese dell’Ottocento. Infatti tra i personaggi dei racconti sull’Experia ci sono Gavroche, Eponime e gli altri protagonisti del romanzi di Hugo I miserabili.

Aggiungo, e concludo davvero, i racconti di Salvo fanno anche sorridere in alcuni passaggi, soprattutto per lo sguardo indulgente di Azina verso i suoi “compagni” (perché la bici si sente una “compagna”!) anche quando questi sono monarchici (e qui ritorna Fenoglio).

Possiamo raccontare la Resistenza?

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