Siamo qui, siamo vivi. Il diario inedito di Alfredo Sarano e della famiglia scampati alla Shoah

Il 6 dicembre 1943 parte dal binario 21 della Stazione Centrale il primo treno con a bordo 250 ebrei milanesi diretti ad Auschwitz, l’ultimo convoglio è del 1° gennaio 1945. In totale saranno 896 gli ebrei milanesi deportati. Un numero terribile, e terribile sarebbe stata anche una sola deportazione, ma comunque “contenuto” se si pensa che il rastrellamento di Roma, avvenuto in una sola giornata, il 16 ottobre 1943, ha consegnato ai lager 1016 persone.
Se il numero dei deportati milanesi non è salito ulteriormente, lo si deve anche ad Alfredo Sarano che nascose

gli elenchi della Comunità ebraica meneghina. Sarano stesso trovò poi rifugio, insieme alla famiglia, a Pesaro dove scampò alla deportazione grazie all’aiuto della popolazione e, in particolare, di due uomini: padre Sante Raffaelli e Erich Eder, giovane allievo ufficiale tedesco che, pur avendo scoperto la famiglia Sarano, decise – a rischio della vita – di non deportarli.
Questa storia è raccontata nel diario di Alfredo Sarano, custodito per anni dalle figlie e pubblicato a novembre dalle Edizioni San Paolo.
Se ne scrivo – se scrivo di lavoro in uno spazio che tendo a considerare esclusivamente privato – è perché lo ritengo un libro importante e vorrei venisse letto da quante più persone sia possibile, soprattutto in tempi di neofascisti e incitazioni all’odio.
Domani Siamo qui, siamo vivi – questo il nome scelto per la pubblicazione del diario – sarà presentato alla Società Umanitaria di Milano alle 18.00 (Via San Barnaba, 48).

Siamo qui, siamo vivi. Il diario inedito di Alfredo Sarano e della famiglia scampati alla Shoah

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